Capitolo 73 - Parte M
Il presidente e il segretario dell’assise sono stati eletti per alzata di mano, il verbalizzante è stato nominato e il congresso è entrato nel pieno delle funzioni.
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Come sappiamo, il tavolino del preordino dei congressi (capitoli n.18 e n. 23), ovvero l’impeccabile “regia”, pensa a tutto, dunque sceglie “convenientemente” anche la sala. Potendo infatti prevedere con buona approssimazione il numero dei partecipanti, opta per una sala assembleare che non avrà posti a sedere per tutti. Insomma, tanto per essere chiari, sceglie una sala con un centinaio di posti a sedere, se ha previsto una partecipazione un po’ superiore a cento persone. Ne sceglie invece una con duecento posti a sedere, se ha previsto una partecipazione di qualche decina di persone oltre le duecento; così come ne predispone una con cinquecento posti a sedere, se ha previsto un centinaio di partecipanti in più di cinquecento... e così via. Con questo “trucco”, si parlerà di una sala gremita di persone. I giornalisti scriveranno di una tale partecipazione che non tutti hanno trovato posto a sedere e la gente che leggerà, scambierà ancora una volta la realtà, con certi aspetti della realtà rappresentata (capitolo n. 16).
In fondo, dal palco rialzato dove hanno preso posto i “padroni” del partito, gli interventi sono iniziati. Il relatore di turno si sposta nell’apposito podio a fianco del tavolo e da lì inizia ad esternare le sue “profonde” meditazioni.
Abbiamo già visto (capitolo n.55) che nell’area del congresso c’è una saletta dedicata alla stampa e anche un altro tavolo, proprio nella sala del congresso, riservato ai giornalisti che vogliono seguire il dibattito dal vivo. Generalmente sotto il palco, in uno dei due estremi, c’è un tavolo riservato alla segreteria del congresso.
Vicinissimo all’ingresso, come sappiamo, c’è il banco della verifica poteri e una sorta di reception; dunque ci sono i seggi con le relative urne e cabine, una serie di salette per appartarsi in gruppi ristretti, l’immancabile bar interno... e altri “miniuffici” pronti a creare ogni “intoppo” burocratico se, pur partecipando con tanto di diritto, arriva la presenza di qualche “disobbediente” che non intende adeguarsi alle mafiose regole della farsa. Nessuno s’illuda; nei congressi dei partiti non esiste la democrazia e non si esita a bloccare con ogni mezzo e senza scrupoli chiunque non “obbedisca”. Per reiterarsi nel tempo, le dittature devono farsi chiamare democrazie e per farsi chiamare democrazie devono mantenere vigente l’istituto del voto. Abbiamo descritto come si adopera il voto di scambio per controllare le elezioni pubbliche, ora stiamo descrivendo come si manovrano i voti dei congressi.
Prossimamente parleremo di partiti che, in nome della modernità informatica, “celebrano” i congressi senza celebrarli e parleremo anche di partiti che rendono obbligatoria una sorta di qualifica aggiuntiva, perché la sola tessera non basti a dare diritto di voto congressuale