Ti racconto la politica - Capitolo 72
Nell’accezione dell’esercizio del potere, la politica si presta per sua natura all’immoralità; essa pone immanente il conflitto tra vantaggi personali e generali e ha facoltà di corruzione sugli uomini.
Attrae sia chi vive da parassita disconoscendo ogni scrupolo morale sia i boriosi che trovano in essa gli strumenti per opprimere il lavoro degli umili.
La politica intesa come mero esercizio del potere, aizza la propensione all’invadenza di quanti hanno ruolo nelle istituzioni che amministrano la vita sociale.
Sono premesse gravi e sostenute dallo squallore di politici che tentano di farle apparire come eque ma, sia pure tra gli innumerevoli tentativi di dare apparente eleganza a certa sostanza depravata, nessuno può negare che, almeno in Italia, la politica stia vivendo una delle sue stagioni più indegne.
La nostra politica istituzionale non ha più la stima del popolo e si è ridotta a pretendere d’esistere, senza avere alcuna dignità per esistere; essa, nonostante il generale disprezzo popolare, resta incollata come una viscida sanguisuga all’usurpazione del potere.
Il nostro ordinamento vigente vive di truffe, prepotenze e veleni; purtroppo, a tale ignominia, si aggiunge l’illusione popolare di combatterlo con azioni di rivalsa dispersive, inefficaci e vanagloriose.
Certo, anche per il popolo vale il detto “errare umanum est” ma, dopo decenni d’insuccessi d’ogni tipo, si potrebbe finalmente evitare di reiterare ostinatamente gli stessi ingenui errori nel tempo; errori divenuti ormai una sorta di patologia che rende il popolo impotente circa la possibilità di ovviare ai soprusi istituzionali subiti.
Sedicenti leader popolari, ripetono fino alla noia i punti dei loro “originali” programmi; affollano con le loro “illuminazioni” sull’ambiente, sul lavoro, sulla sanità, sull’economia, sul fisco, sul bene comune e su mille temi dei quali si ergono illuminati competenti. Dimenticano sempre, però, un paio di cose; non sanno mai suggerire metodi idonei ad ottenere il potere politico necessario per intervenire sui problemi di cui parlano e non sanno concepire la fiducia da parte di amici e convenuti, quale primo elemento di coesione per ogni intesa.
A nessun leader è dato d’essere grande, se non sa trasmettere quel senso di rispetto su cui si genera la fiducia popolare.
Di là della posizione gongolante dei benpensanti, un assetto politico popolare nuovo non otterrà ragione se non sarà inconfutabilmente rispettoso della dignità umana; presunzione ed emotività non possono conferire alcun successo stabile.
La democrazia comporta d’essere intrinsecamente capita e un popolo che vive di superficialità e fissazioni, non può essere in grado di eleggerla a ordinamento della cosa pubblica.
Fissazione e suggestione inducono a teorizzare e perfino pensare di votare progetti totalmente inutili e insostenibili; se anche tutta l’Italia “esaltata” votasse unanime per l’asino che vola, l’asino non potrebbe volare lo stesso.
Nuovi gruppi, movimenti, partiti e quant’altro dovranno conferire al fenomeno dell’aggregazione popolare, le doti di umanità, sobrietà e avvedutezza che sono state smarrite.